Thursday, April 26, 2018

I vescovi inglesi come Caifa!


Gli amici de La Nuova Bussola Quotidiana ci informano oggi che l’arcivescovo di Liverpool, Malcom McMahon, ha negato l’assistenza spirituale ad Alfie e ai suoi genitori cacciando via dall’ospedale degli orrori (l’Alder Hay Children Hospital) padre Gabriele Brusco, che si era recato lì dall’Italia vista l’indisponibilità in tal senso del vescovo e di qualsiasi sacerdote inglese. Per i dettagli di questa triste e deprecabile vicenda rinvio all’articolo di Riccardo Cascioli sulla Bussola.

Con questa mossa sorprendente, l’arcivescovo di Liverpool si allinea ai vescovi inglesi, impegnati ufficialmente, non a salvare Alfie e ad offrire conforto ai suoi genitori, ma a difendere l’operato dei giudici e dei medici inglesi. Come i suoi colleghi vescovi, anche lui è attualmente colpevole di complicità in tentato omicidio. Questo va detto molto chiaro. Le leggi inglesi magari non puniranno tutta questa gentaglia, ma moralmente le cose stanno così. I vescovi inglesi sono criminali in quanto complici di chi sta illegittimamente tentando di uccidere Alfie, e potrebbero infine diventare assassini in quanto complici nell’omicidio di Alfie. Questa condotta criminale è enormemente aggravata dallo scandalo pubblico che essi recano sia a tutti gli uomini sia, più in particolare, ai cattolici verso cui posseggono una responsabilità di pastori. Se non in questa vita, verranno adeguatamente puniti nella prossima.

Che differenza con i vescovi americani, che hanno ieri twittato il seguente messaggio:

«Esortiamo tutti i cattolici a unirsi al Santo Padre nel pregare per #AlfieEvans e la sua famiglia e affinché il loro desiderio di cercare nuove forme di cura possa essere esaudito. Possa la dignità della vita di Alfie e della vita umana in generale, specialmente di chi è più vulnerabile, essere rispettata e sostenuta» (traduzione mia).

Questo appello dei vescovi americani pone l’accento sulla dignità della vita di Alfie, mostrando piena consapevolezza del fatto che qui in gioco, prima ancora che mera compassione per l’agonia dei genitori, c’è la vita di un bambino innocente, e che questa vita è un grido che la Chiesa non può ignorare. Al contrario dei messaggi ambigui che in questo periodo sono giunti perfino dal Vaticano (per questo rimando ai miei commenti qui), i vescovi americani ci ricordano che la Chiesa Cattolica è ancora viva e vegeta e che se la brezza dello Spirito Santo viene ostacolata in Europa soffierà ancora più forte da oltre oceano.

I vescovi inglesi, però, stanno facendo molto peggio che macchiarsi di quei crimini ai danni di Alfie. Lo scandalo che stanno dando è ancora più grande.

Emerge già dall’articolo che ho riportato di Cascioli che la preoccupazione primaria dell’arcivescovo di Liverpool nel cacciare padre Brusco era legata al fatto che padre Brusco richiamava il personale dell’ospedale – incaricato di attuare la procedura omicida ai danni di Alfie – al «diritto-dovere dell’obiezione di coscienza». In un post su Facebook di qualche ora fa, l’amico Massimo Introvigne interpreta l’atteggiamento dell’indegno arcivescovo, non in senso «ideologico» rispetto al caso di Alfie, ma come la risultante di due fattori: 1) del «tipico sentimento britannico di difendere il loro sistema sanitario quando è sotto attacco», e 2) del fatto che «tengono famiglia, nel senso che ci sono già iniziative per cacciare i cappellani cattolici dagli ospedali inglesi se criticano l’aborto o il gender, e tenersi buoni gli ospedali sembra una priorità».

In sostanza, i vescovi britannici 1) si sentono, almeno in parte, più britannici che cattolici e 2) sono disposti, pur di tenersi buoni gli ospedali, a sacrificare Alfie. I vescovi inglesi hanno dimenticato che il Cattolicesimo si fonda, non sulla paura dell’autorità, ma sulla persecuzione subita Da Cristo e dai suoi discepoli.

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra» (Gv, 15,18-20). 

Se per testimoniare la verità di Cristo i sacerdoti inglesi dovranno essere cacciati dagli ospedali, ben venga che siano cacciati. È solo accettando la persecuzione di Cristo che parteciperanno della sua verità. Quel passo del Vangelo è cristallino: la promessa «osserveranno anche la vostra» segue alla promessa «perseguiteranno anche voi». Diventando complici dei giudici e dei medici inglesi per paura della persecuzione, l’unica parola che faranno ascoltare al mondo sarà la parola di morte dei carnefici inglesi.

L’atteggiamento di questi vescovi ha un precedente autorevole, nel senso che è l’atteggiamento dell’autorità che mise a morte Gesù:

«È meglio che un uomo solo muoia per il popolo» (Gv 18,14).

Che triste parabola quella di questi vescovi, nati per proclamare la buona novella di Gesù Cristo e ridotti a tornare a metterlo a morte nei panni di Alfie Evans. E quanto più grande sarà la loro condanna quando si troveranno ad essere giudicati da quello stesso giudice che fu messo a morte da Caifa e dagli altri sommi sacerdoti.

8 comments:

  1. Spiace dirlo, ma sono sempre più numerosi gli indizi che mostrano questa Chiesa post-conciliare arrivata al capolinea. Però confido molto nei giovani preti, che, per quel poco che ho constatato di persona, sono in gran parte di tutt'altra pasta rispetto a questi personaggi. Speriamo.

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  2. il comportamento del "vescovo" inglese è pazzesco, ma perfettamente in linea con non pochi "vescovi" nostrani, è sotto gli occhi di tutti. Pastori? Mah... C'è una frase di J. Guitton che dice (cito a memoria): saranno i Laici e i semplici Fedeli devoti e osservanti a salvare la Chiesa. Preghiamo e speriamo.

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  3. Coglgo l'occasione del "volontario" ritiro della richiesta di incardinazione di Padre Gabriele, dopo un “incontro chiarificatore” con il vescovo ausiliare di Westminster, per sottoporti alcune mie considerazioni (che ritengo sarebbero censurate da Simon sul suo blog) sul processo di Caifa a Gesù.
    Ritengo quanto segue:
    - l'ultima cena andrebbe anticipata di un giorno e pertanto il processo intentato dal sinedrio, che non avrebbe potuto svolgersi di notte, si è svolto regolarmente di giorno;
    - Gesù è stato condannato, avendo Egli più volte affermato di essere Dio, in base a quanto disposto dal diritto positivo dell'epoca;
    - in ossequio al diritto naturale si sarebbero dovuto prendere in considerazione le parole " se non credete a quello che dico, credete almeno a quello che faccio".
    Per quanto sopra, ritengo che Caifa, ed i Vescovi inglesi assieme a molti altri cattolici, subordino il diritto naturale al diritto positivo.

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  4. Salve, la conclusione mi sembra in generale condivisibile ma il ragionamento non è chiaro e quindi non saprei valutarlo. Non è chiaro né quali siano le premesse né che cosa significhino esattamente. In ogni caso, anche l'applicazione del diritto positivo richiede buona fede. Io credo che Caifa e i sommi sacerdoti abbiano manipolato anche il diritto positivo pur di ottenere il loro scopo. Credo che la buona fede non ci sia neanche nel caso dei vescovi inglesi in relazione ad Alfie.

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  5. - Caifa ha affermato, a ragione, che Cristo si era dichiarato Dio e quindi, in base al diritto positivo che aveva stabilito che chi si dichiarava Dio doveva morire, Gesù è stato condannato a morte;
    - se il processo si fosse svolto di notte il sinedrio non si sarebbe potuto legalmente riunire e la sentenza non sarebbe stata valida;
    - gli atti compiuti da Gesù avrebbero dovuto far supporre a chi doveva giudicarlo che, se era in grado di comandare alla natura, che obbedisce solo a Dio, la sua autorità era ben superiore a quella dei legislatori ebraici che affermavano di aver ricevuto le leggi da Dio.

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  6. Vorrei però proporti alcuni passaggi di un mio commento, ovviamente censurato da Simon, basato sulla lettura della sentenza come qui
    https://www.judiciary.gov.uk/wp-content/uploads/2018/02/alder-hey-v-evans.pdf
    riportata:
    – rigetta in toto la tesi degli specialisti del “Bambin Gesù” i quali asserivano fosse possibile stabilizzabile la patologia di Alfie (cura i cui benefici effetti sono stati ufficializzati pubblicamente tre gioni fa) e lo fa asserendo che anche se “questi test possono essere utili per delineare nuova malattia rara, come sottolineato dai medici dell’ospedale Bambino Gesu… non sono mai stati in grado di curare un paziente con una malattia simile a quella di Alfie”;
    – nel riassumere le parole di un medico che parla di “assenza di qualsiasi prospettiva di recupero” il giudice Hayden parla di FUTILITA’ DELLA VITA DI ALFIE; questo è quanto da lui ha testualmente scritto nella sentenza in lingua originale: “In his thinking the combination of THE FUTILITY OF ALFIE’S LIFE (i.e. the absence of any prospect of recovery) and the uncertainty of knowing whether Alfie is suffering were key factors.”;
    – dopo aver descritto dai punti 26 al 31quanto è grave la malattia di Alfie e quanto coscienziose e professionali sono state le cure che l’ospedale gli presta, passa all’ascolto delle richieste dei periti di parte, non prima però di aver stimmatizzati gli errori di procedura giuridica da parte della famiglia e di aver rigettato la richiesta da parte loro di nuovi avvocati più esperti, motivando il tutto come un tentativo del padre di guadagnare tempo: “My very clear impression was that the father wanted to do everything in his power to buy time for his son” (se non è prevenzione quella di un giudice che legifera a favore di un ospedale contro una famiglia e che afferma nella stessa sentenza che l’ospedale ha tenuto un comportamento corretto mentre la famiglia è ricorsa a sotterfugi al fine di ritardare la sentenza, qualcuno mi spieghi cos’é);
    – vengono ascoltati i periti di parte i quali affermano, tra l’altro, che “È quindi possibile un supporto prolungato del ventilatore, con tracheotomia chirurgica, che dovrebbe essere eseguita. L’alimentazione e l’idratazione sono fornite artificialmente attraverso un tubo nasogastrico da diversi mesi, e questo è evidente indicazione per una gastrostomia” e che “Per quanto riguarda il trasporto potenziale di Alfie fuori dall’ospedale… Alfie può essere trasportato in sicurezza in tutto il mondo in qualsiasi posto senza grandi rischi per lui”;

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  7. – “Allo stesso modo” afferma un perito “non riesco a capire l’obiezione del medici (al trasferimento) all’ospedale Bambino Gesu. Mi sembra evidente che affermare che Alfie non potrebbe essere in grado di volare o che un trasporto potrebbe essere estremamente pericoloso, sono argomenti non basati su motivi medici”;
    – le opinioni del prof, Haas, che conclude il suo intervento dicendo al giudice: ” A causa della nostra storia in Germania, abbiamo imparato che ci sono alcune cose che non si fanno con bambini gravemente handicappati. Una società deve essere preparata a prendersi cura di questi bambini gravemente handicappati e non decidere che si debba ritirare il supporto vitale senza la volontà dei genitori, se c’è incertezza dei sentimenti del bambino, come in questo caso”, non solo non vengono prese in considerazione cercando di sminuirne la competenza, ma danno adito al giudice ad affermare, dal punto 46 al 50 quanto sia culturalmente avanzata, in materia, la legislazione inglese;
    – i punti 51 e 52 sono da incorniciare, infatti, dopo aver affermato che “anche se accetto interamente la conclusione dei medico che provano che il trattamento per Alfie è futile. Non segue assiomaticamente che l’inutilità della situazione di Alfie porti al ritiro immediato della ventilazione. La vita di per sé ha un valore intrinseco, per quanto tenue o rudimentale possa conservarsi. Sono consapevole che entrambi i genitori sono cattolici romani” e pertanto il giudice cita “una lettera aperta, di Sua Santità Papa Francesco al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, datata novembre 2017. Nel suo messaggio Papa Francesco ha chiesto “maggiore saggezza” nel trovare un equilibrio tra gli sforzi medici per prolungare la vita e la decisione responsabile di fermare il trattamento quando la morte diventa inevitabile. La sua lettera riconosce che non adottare o sospendere misure sproporzionata può evitare un trattamenti di eccesso di zelo”, come a dire: io vorrei anche tenere in vita Alfie, ma voi siete cattolici e il Papa sconsiglia una cosa simile…;

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