Friday, March 30, 2018

Annichilimento, inferno e "scomparsa" delle anime

La recente intervista al Papa pubblicata da Scalfari (di cui purtroppo sono stati smentiti i riferimenti letterali ma non i contenuti) ha creato in molti dubbi e confusione sul concetto di "scomparsa delle anime", che in termini tecnici si chiama "annichilimento" come concetto opposto a "creazione".

"Creazione" indica il fare esistere qualcosa che prima semplicemente non c'era. La creazione è dal nulla, non è un semplice modificare una cosa che già esisteva. Prima della statua c'era il marmo. Prima della creazione del marmo non c'era nulla. Annichilire non significa soltanto spostare la statua o distruggerla, ma porla nel nulla. Una cosa che, naturalmente, potrebbe fare solo Dio.

Nella famigerata intervista, in parte smentita, il Papa parrebbe dire che le anime dei peccatori che non si convertono (o non si pentono) non vanno all'inferno ma "spariscono".

A parte il fatto che non è chiaro che cosa significhi dire che le anime si pentano. Chi si pente è la persona mentre è pienamente tale in questa vita: cioè, prima della morte. Secondo la dottrina cristiana, infatti, non ci si può pentire dopo la morte. L'anima separata dal corpo non si può pentire ma è già definitivamente determinata al bene o al male che ha scelto nella vita terrena.

Nella migliore delle ipotesi, quindi, il Papa potrebbe aver voluto dire che le anime delle persone che, in questa vita terrena, non si sono pentite del male commesso scompaiono. Nella peggiore, il Papa potrebbe aver (forse inavvertitamente) negato l'intera dottrina cattolica sul giudizio finale e i novissimi.

Per capire quello che intendo, si leggano questi pochi stralci del Catechismo della Chiesa Cattolica:

«1021 La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo [Cf 2Tm 1,9-10 ]. Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro [Cf Lc 16,22 ] e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone [Cf Lc 23,43 ] così come altri testi del Nuovo Testamento [Cf 2Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; Eb 12,23 ] parlano di una sorte ultima dell'anima [Cf Mt 16,26 ] che può essere diversa per le une e per le altre».

«1022 Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, [Cf Concilio di Lione II: Denz.-Schönm., 857-858; Concilio di Firenze II: ibid., 1304-1306; Concilio di Trento: ibid., 1820] o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1000-1001; Giovanni XXII, Bolla Ne super his: ibid., 990] oppure si dannerà immediatamente per sempre [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1002]».

«1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono “così come egli è” ( 1Gv 3,2), faccia a faccia: [Cf 1Cor 13,12; Ap 22,4 ]».

«1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo».

«1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” ( 1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”».

Di passi simili se ne potrebbero trovare tanti, ma il concetto di fondo è chiaro: la morte segna il tempo ultimo per la conversione della persona. Le anime separate dal corpo, dopo la morte, non si potranno più "pentire".

A parte questo, dicevo, è ancora meno chiaro che cosa abbia potuto intendere il Papa (sempre che poi non smentisca di averlo detto a Scalfari) con il concetto di "scomparsa delle anime".

Ho letto in un commento di un amico che avrebbe potuto voler semplicemente intendere che queste anime "scompaiono" dalla presenza di Dio, nel senso opposto all'essere in Paradiso al "cospetto" di Dio. Per quanto mi commuovano questi tentativi di salvare a tutti i costi quello che dice il Papa, non credo che questa sia un'interpretazione attendibile di quella intervista, soprattutto perché il concetto incriminato viene espresso nel contesto della negazione dell'inferno.

L'interpretazione più plausibile è invece che il Papa abbia inteso dire che questa anime "scompaiono" dalla creazione precisamente nel senso dell'annichilimento.

Ho letto da poco in un altro commento che questo concetto sarebbe in contraddizione con quello dell'immortalità dell'anima. Questo è un errore filosofico. L'immortalità dell'anima attiene alla modalità di esistenza della natura spirituale. In poche parole, la morte è un evento che riguarda la natura corporea e che consiste nella separazione tra la materia di cui è composto un vivente e la forma che organizza e tiene insieme questa materia. Quando la forma (anima) si separa, la materia vivente rimane priva del proprio principio organizzatore e unificatore e decade o si decompone. Questo è vero per qualsiasi essere vivente. La differenza con l'uomo è che la forma che vivifica il corpo umano ha natura spirituale. Pertanto, al momento della separazione o della morte, tale forma spirituale (a differenza di quelle della mucca o dell'albero) non scompare ma continua ad esistere separata dal corpo (che si decompone).

Immortalità dell'anima spirituale significa che la natura della forma dell'essere umano è tale (cioè, spirituale) che non può cessare di esistere dopo la separazione dal corpo. L'immortalità dell'anima spirituale, in altre parole, è il modo di funzionamento di un particolare ente che Dio ha creato.

Come parlare e discutere di matematica sono contraddittori con la natura dell'asino, o come esistere nello stato gassoso è contraddittorio con la natura della pietra e del legno (ma non dell'acqua), così smettere di esistere al momento della separazione dal corpo è contraddittorio rispetto alla natura della forma spirituale. Tuttavia, non è contraddittorio con la natura di alcuna di queste entità che Dio le faccia smettere di esistere. Smettere di esistere, infatti, proprio come il suo contrario (la creazione) non è un passaggio da un modo di essere ad un altro che debba rispettare il modo di essere originario della cosa. Affinché bruci nel momento B, il materiale deve essere combustibile nel momento A. Smettere di esistere però non è un momento o un passaggio da A a B e non ha nulla a che vedere con la condizione di esistenza in cui versa un certo ente.

Il concetto di "scomparsa" delle anime non è quindi in contraddizione con quello di immortalità dell'anima. E' invece in contraddizione con la sapienza e onnipotenza di Dio. L'idea che Dio ponga nel nulla qualcosa che ha creato implica infatti che, in qualche modo o in una certa misura, Egli riconosca di aver commesso uno sbaglio. "Ho creato qualcosa, ma non ha funzionato, quindi la elimino". Questa idea è in effetti contraddittoria. Se Dio è onnipotente e sa tutto, sa anche che cosa farà una certa persona che crea. Sa che noi faremo tanti peccati ma li accetta in vista del bene superiore che deriva dalla nostra esistenza. Per questo ci crea, perché il bene che viene dall'essere è superiore a quello che seguirebbe al nostro non essere.

Inoltre, il concetto di annichilimento di un'anima implicherebbe una valanga di contraddizioni successive e concatenate. Che cosa significherebbe infatti annichilire l'anima? L'annichilimento, come la creazione, è fuori dal tempo e dallo spazio. Annichilire l'anima significherebbe che tutto quel che quell'anima ha fatto e significato (unita o separata dal corpo) verrebbe automaticamente posto nel nulla. Dio dovrebbe quindi cambiare la storia umana in tutte quelle cose ed eventi che si siano in qualche maniera intrecciati all'esistenza di quella anima o persona. Parenti, figli, account e post su internet, attività lavorativa, messaggi e telefonate: tutto verrebbe posto nel nulla come se non fosse mai esistito. Dio dovrebbe quindi riconoscere di aver fatto un errore grosso e variegato nella stessa storia del mondo e dovrebbe andarla a epurare e cambiare come un regista distratto va a cambiare o togliere alcune scene girate per un film. Che confusione!

L'inferno è diverso dall'annichilimento delle anime. Non è un errore di Dio. L'inferno è l'accettazione da parte di Dio di un male minore in vista del bene maggiore della libertà umana e della Redenzione operata da Cristo.

Libertà e Redenzione implicano necessariamente che la libertà venga utilizzata male da alcuni e che la Redenzione non possa avvenire negando tale libertà. Se la Redenzione avvenisse senza pentimento o in contrasto con esso allora non riguarderebbe più l'essere umano libero. Sarebbe una redenzione per schiavi, che è in effetti un concetto contraddittorio. Se Dio ci ha voluti liberi non può poi determinarci al bene contro la nostra volontà senza negare quello stesso modo di esistenza che aveva voluto per noi. L'inferno è quindi prova e conferma della bontà della creazione di un essere libero e del disegno amorevole della Redenzione.

Forse (mi piace pensarlo) chiarire questi concetti è uno dei beni maggiori per i quali Dio ha permesso il male di quella famigerata intervista con Scalfari.

2 comments:

  1. Ottime riflessioni.
    Vorrei giusto aggiungere che se questa posizione teologica affibbiata da Scalfari a Bergoglio non fosse smentita allora quest'ultimo sarebbe di fronte ad un'altra contraddizione circa la pena di morte contro la quale lotta nel quadro del suo pontificato.

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  2. Già, ma purtroppo credo che non ci sarà alcuna smentita... non tanto perché forse il Papa pensa quelle cose sul serio ma soprattutto perché sembra che per qualche ragione lo stile comunicativo vaticano sia improntato a lasciare che i fedeli abbiamo dubbi, non a risolverli

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