Negli ambienti di sinistra radical chic è ormai di moda parlare
di populismo con riferimento al neonato governo Lega-5 stelle e con riferimento
alla vittoria americana di Donald Trump. Ma che cosa intendono per populismo?
Il termine “populismo” non ha un significato univoco ed è
spesso usato in maniera polemica e offensiva. In generale, si riferisce ad un
movimento politico che ottiene un forte consenso facendo leva su bisogni basilari
della massa del popolo. Sotto questo profilo, il populismo nasce di sinistra.
Nasce nella Russia che si prepara alla rivoluzione Bolscevica e prospera in
tutti i sistemi socialisti e comunisti che promettono di liberare i lavoratori
oppressi dai padroni capitalisti. La demagogia di fondo del populismo di
sinistra è la lotta di classe, con la promessa di lavorare di meno e guadagnare
di più.
Un aspetto interessantissimo del populismo di sinistra (che,
ripeto, è il padre storico di ogni populismo) è che non porta tendenzialmente
alla democrazia ma alla dittatura illuminata. L’intellettuale di sinistra
purosangue, sulla scia degli aspetti più fanatici del pensiero di Jean-Jacques
Rousseau, si considera oracolo della volontà del popolo anche contro quello che
il popolo stesso manifestamente dice di volere. Secondo Rousseau, la
maggioranza non sa che cosa vuole. La volontà della maggioranza va veicolata e “interpretata”
da intellettuali illuminati. Niente di strano che la Rivoluzione francese sia
stata seguita da un forte periodo assolutista e che ogni regime comunista sia
sfociato in dittature oppressive verso quello stesso popolo che si era sfruttato
per arrivare al potere. Il populismo di sinistra non vuole cittadini liberi ma
pecoroni da pascolare e (perché no?) da sfruttare.
Proviamo a guardare i fatti. La sinistra italiana si è da
sempre nutrita della lotta sindacale. I sindacati sono sempre stati la forza di
sfondamento dei partiti di sinistra. Lo sciopero ne è sempre stata l’arma
demagogica per eccellenza. Quando io andavo al liceo (pubblico), ormai nel
secolo scorso, c’erano puntualmente almeno due scioperi al mese promossi dai
centri giovanili dei partiti di sinistra. Nessuno degli studenti liceali “militanti”
capiva sul serio il perché di quegli scioperi, ma per il populismo di sinistra
erano fondamentali. Erano il centro di addestramento della classe pecorona del
futuro, quella manipolabile a fini elettorali. Il tema di fondo era sempre in
qualche modo legato alla lotta contro qualche classe di potenti, spesso occulti
e misteriosi.
Diciamolo però, questo genere di populismo faceva comodo a
tutti i partiti. L’elettore manipolabile e poco accorto è l’ideale dell’utilitarismo
politico. Perfino gli spiriti liberi dei radicali, per dirla così,
partecipavano di nascosto alla spartizione della torta dopo le elezioni. Nessuno
parlava. Nessuno accusava. Tutti mangiavano.
Fino allo scandalo tangentopoli (ingiustissimo, per molti
versi), tutti i partiti politici italiani, nessuno escluso, si arricchiva a
scapito del popolo pecorone che lo aveva votato. Il partito comunista, poi, era
specializzato in finanza estera, ricevendo molti finanziamenti (e perfino armi)
dall’Unione Sovietica. Sembra passato un secolo da quanto Baffino andava a fare
i suoi periodi di formazione nella patria più feroce del comunismo.
Con una generalizzazione forse un tantino esagerata ma abbastanza
adeguata, potremmo dire che tutti i partiti della prima repubblica hanno
mangiato a spese del populismo pecorone. Tutti giocavano sulla doppia verità:
da una parte, quella demagogica che spingeva il popolo a votarli, dall’altra
quella dei giochi extra-parlamentari in cui ci si spartiva la torta tra amici. Il
dopo tangentopoli non ha cambiato sostanzialmente le cose. Basti pensare al
partito politico dell’eroe Di Pietro, le cui finanze e rimborsi elettorali
erano nelle mani dell’Associazione di famiglia. Di Pietro è stato un maestro
del populismo e del tornacontismo di sinistra. Nulla di nuovo sotto il sole.
Ora, mi chiedo, perché, rispetto a questo passato per niente
dignitoso della politica italiana, le elezioni recenti dovrebbero essere “populiste”?
Forse perché il popolo non ha votato seguendo le vecchie demagogie? Nel bene e
nel male, in questi ultimi anni è calato il sipario della vecchia politica. L’ultima
chicca è stato il governo di sinistra di Renzi, che non è sbagliato definire il
governo delle banche e dei poteri forti. La sinistra italiana, che da sempre ha
fatto demagogia sfruttando i bisogni base della classe operaia, riesce
finalmente ad andare al governo, e che fa? Fa precisamente quel governo che la
massa operaia si sarebbe aspettata dai nemici capitalisti. E poi si lamentano
che il popolo voti altri? Se fosse solo e unicamente pecorone non lo farebbe.
Dovrebbero essere contenti.
Affrontiamo la realtà. Molti scandali sono venuti alla luce
in questi anni. La gente ha esigenze che i politici di sinistra hanno ignorato.
Il fatto che i voti si spostino è semmai segno di intelligenza. E che fanno gli
intellettuali di sinistra invece di fare autocritica? Parlano di populismo. Che
cosa ridicola. Sinceramente, non so se sia più l’ignoranza o l’arroganza a
farli agire così. Forse, come sempre, c’è un po’ di entrambe le cose.
Almeno gli altri partiti hanno il buon gusto di non parlare
di populismo quando vince la sinistra. Gli intellettuali di sinistra hanno però
un diverso DNA. Non riescono a liberarsi dei cromosomi totalitaristi di
Rousseau. Se il popolo non vota come vogliono loro è ignorante e va educato.
Io non difendo gli ultimi risultati elettorali. Chi mi conosce
lo sa bene. Spero che in futuro molti elettori cambino il loro voto. So anche
che una buona percentuale di elettori voterà sempre sulla base della demagogia
che meglio riuscirà a toccare le sue corde. Una parte del popolo vota sempre da
pecorone. Lo sanno tutti i partiti e tutti ne approfittano, specialmente quelli
di sinistra (per competenza professionale storica e per struttura genetica). È ridicolo
attaccarsi a vicenda su questo. I 5 stelle hanno fatto molta demagogia. La Lega
ha fatto molta demagogia. Bene, e allora? L’aveva fatta prima anche il PD e poi
non ha convinto con il suo governo. L’ha fatta in campagna elettorale e ha sbagliato
a interpretare e centrare i veri interessi del popolo di oggi.
Ripeto, io non difendo gli ultimi risultati elettorali, ma non
mi è difficile riconoscere che rispecchiano alcune esigenze di base che la
sinistra ha ripetutamente ignorato e perfino deriso. Ad esempio, la gente ha
bisogno di sicurezza e di certezza della pena. Gli immigrati spaventano per molti
motivi: terrorismo, stupri, tasso di criminalità... È inutile dire che gli
italiani sono razzisti o egoisti. Se la sinistra continua a dirlo allora merita
di perdere le elezioni. Altro esempio: la gente si è resa conto di quanto abbia
mangiato in passato la classe politica con la connivenza dei poteri finanziari.
Se si ignora la grossa spinta di oggi verso la trasparenza, l’equità sociale e l’onestà
si merita di perdere le elezioni. Ancora: l’Europa sfrutta l’Italia in molti
modi, a partire dalla questione migranti. Inutile negarlo. La cosa giusta è
fare proposte. Chi le fa in modo più convincente, e perfino sfruttando un po’
di arte demagogica, vince meritatamente le elezioni.
I partiti hanno cercato di interpretare le esigenze del
popolo e hanno fatto le loro campagne elettorali giocando tutte le loro carte,
incluse quelle demagogiche. Alcuni hanno vinto, alcuni hanno perso. Che i
secondi se ne facciano una ragione o continueranno a perdere.
Chi oggi parla di populismo manifesta tutta la propria
inettitudine politica, la propria ignoranza e la propria arroganza. È molto
divertente però. Egoisticamente parlando, dovrei sperare che questi pseudo
intellettuali radical chic continuino a farlo perché guardarli e ascoltarli è
meglio del varietà.
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